Omelia del Vescovo 8 aprile 2013

Carissimi fratelli e sorelle, ho detto all’inizio, quando vi ho salutato, che è veramente un momento di gioia per me essere qui. Questa gioia è accresciuta da un fatto che questo nostro incontro è ini­ziato nella realtà venerdì quando sono venuto qui e ho incontrato le Suore ammalate nelle loro camerette, e poi dopo i bambini della scuola e quelli della materna, qui ce n’è una rappresentanza. Con i più piccoli abbiamo fatto un bellissimo incontro che si è concluso con la benedizione della scuola e soprattutto di loro che sono molto più importanti dei muri della scuola.

Nella scuola elementare, invece, ho assistito a un vero, grande e bellissimo momento di spiritualità perché le cinque classi hanno rappresentato ognuna due scene in cui si è visto com’è profonda­mente legato il mistero di Maria, la sua presenza e accoglienza a quella di Cristo e della Chiesa. I bambini hanno presentato in maniera meravigliosa il vangelo, in quei punti fondamentali in cui si vede che senza Maria mancherebbe qualcosa di essenziale, a partire dal momento dell’Annunciazione che vediamo rappresentato in questa bella Chiesa da un pittore che io amo tantissimo e ho avuto la gioia di conoscere a Torino tanti anni fa, Mario Caffaro Rore (mi ha fatto il calice del 25mo di Messa che i miei genitori hanno voluto regalarmi). Un uomo profondamente spi­rituale, che prima di mettersi a dipingere, mi ha chiesto: “Come lo vogliamo fare?” Gli ho risposto che fosse ispirato all’Ultima Cena del vangelo di Giovanni. Lui allora si è messo a leggere, a medita­re profondamente e finalmente ha scolpito il cap. 13 di GV.

Ebbene vi dicevo che la rappresentazione fatta dai bambini è partita proprio da questo mistero grandissimo e, al tempo stesso, di una semplicità che incanta: il mistero da cui tutto ha avuto ori­gine. L’avvenimento che è l’inizio di tutto, perchè in realtà affonda le radici nell’eternità. Lo ab­biamo sentito nella lettura, nel momento (parlare di momento è parlare di eternità e sembra una contraddizione, ma noi lo diciamo con le parole umane), in cui nell’abisso del mistero trinitario, dell’amore infinito in cui il Padre e il Figlio si amano e lo Spirito Santo costituisce il legame d’amore tra loro, il Padre chiede al Figlio di diventare uomo e il Figlio nell’abisso di amore, di offerta, di do­nazione, di rapporto con il Padre gli risponde: “Sacrificio e offerta non hai voluto, un corpo mi hai preparato, per questo dico, ecco o Padre, io vengo per fare la tua volontà”.

Quello è l’inizio di ciò che noi siamo, l’inizio della meravigliosa avventura che è il cristianesimo per­ché Dio stesso l’ha pensata e realizzata. E l’ha realizzata chiedendo dei sì, meglio ancora chiedendo degli “eccomi” che sono ancora più dei sì, perché il sì si può dire anche a distanza. Eccomi vuol dire “Sono qua, a tua disposizione”.

Il sì, l’eccomi di Gesù che allora non si chiamava ancora così perché negli abissi della Trinità era il Verbo di Dio, il figlio unigenito che è nel seno del Padre; si chiamerà Gesù nel momento stesso in cui si fa uomo nel grembo della Vergine Maria.

Al sì del Verbo eterno detto al Padre, grazie al quale tutto è stato creato e per il quale tutto esiste, occorre un altro sì, qui sulla terra, il sì di una ragazza che vive in un villaggio talmente insignificante che l’AT neppure una volta cita. Villaggio di 200 persone, rozze (lo sappiamo dal racconto del Van­gelo), in una casa che, come tutte le case di quel villaggio, era semplice, modestissima, povera. Là a Nazareth, nella povera grotta dove si è potuto scrivere sul pavimento “Verbum caro hic factum est”. E’ qualcosa di infinitamente grande e straordinario. Il Verbo, qui si è fatto carne, perchè non siamo nel mito, nella leggenda, siamo in un fatto storico. In quella casa, nell’umiltà e nella povertà il Signore, attraverso il suo Angelo, viene a bussare al cuore della giovane donna che si chiamava Maria, promessa sposa di un uomo chiamato Giuseppe della casa di Davide, e la sua vita già era unita a quella di Giuseppe. Bussa al suo cuore e le chiede: “Vuoi, vuoi?”.

Abbiamo ascoltato questa avventura che, solo al pensarci, ci lascia senza fiato, perché è impensa­bile che Dio sia amore, buono al punto tale da farsi uomo per salvarci, da accogliere totalmente la nostra vita coinvolgendoci nella sua stessa vita e facendoci diventare suoi figli. In Gesù Cristo, car­ne della sua carne, ossa delle sue ossa, nei confronti del Padre “figli”, nei confronti di Cristo “fra­telli”, nei confronti dello Spirito Santo “tempio in cui Egli dimora”. Ma questo è l’incredibile: sol­tanto un atto di fede ci fa dire: “Sì, credo!”. E noi allora entriamo in punta di piedi in questa casa, dinanzi a questa giovane donna che si sente salutare con un saluto specialissimo che noi abbiamo cantato all’inizio, in questo tempio Chaire kecharitomène, ave Maria. Tu che sei ricolma della grazia di Dio, perché Dio ti ha ricolmata, ti saluto o piena di grazia – dice l’Angelo, il messaggero del Si­gnore – il Signore è con te.

Maria rimane stupita, incantata dinanzi a questo annuncio. Il fatto che qualcuno entrando nella sua casa, le dica SHALOM era normale, ma è misterioso che qualcuno la chiami “la piena di grazia” e le dica “il Signore è con te”. Sì, certo, gli Ebrei dicevano che il Signore stava con loro, ma dove? La sua presenza era nel Tempio di Gerusalemme, e nel “sancta sanctorum” dove una volta all’anno, soltanto, entrava il sommo sacerdote per pronunciare quel nome che faceva tremare il cielo e la terra: il nome di Dio.

Ora a lei viene detto che quel Dio è qui, in questa stanza, in questa casa di mattoni sbracciati, in questa grotta che sicuramente conteneva anche degli animali, dei poveri utensili, dei poveri mobili che probabilmente non c’erano, per questo si dormiva su una stuoia. Il Signore è qui, il Signore è con te. Capite il turbamento di Maria, lo stupore, la meraviglia nel dire: “Come è possibile che inizi nel mio grembo una creatura, quando ancora io non sto con il mio sposo, siamo soltanto promessi, ancora non viviamo insieme?”.

L’intelligenza e la ragione di Maria, di fronte al mistero non dice: “Assurdo, non è possibile!” ma domanda, domanda e l’angelo non le risponde come invece a Zaccaria, il sacerdote nel Tempio di Gerusalemme che aveva detto: “Come è possibile, io sono vecchio, mia moglie è anziana e sterile!” – tu non hai creduto e resterai muto, tu dici parole vecchie, devi rinnovarti dentro! -.

Notate, nei confronti di Maria invece: “Non temere Maria, hai trovato grazia presso Dio. La Spirito del Signore ti abbraccerà e colui che nasce dentro di te è il figlio dell’Altissimo”.

E Maria dinanzi a questo spiraglio del mistero di Dio che si apre, afferma: “ECCOMI, sono la serva del Signore, sono a tua completa disposizione. Tutto di me ti è consegnato, la mia mente: accolgo quello che tu mi hai detto; il mio cuore: ti amo perché senza amarti non posso darti me stessa; il mio grembo, la mia carne, la mia storia, tutto, tutto anche la mia storia con Giuseppe, anche la mia storia con questo bambino che nascerà, tutto ti è consegnato, tutto ti è dato” – perché questo si­gnifica: Ecce ancilla Domini.

Non è poesia o, meglio, è la poesia più vera, è la poesia della realtà. “Sono a tua completa disposi­zione”. E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Il Sì del Verbo e il Sì di Maria sono strettissimamente congiunti. il sì di Maria non ci sarebbe se non ci fosse stato il sì del Signore Gesù ad ognuno di noi, all’umanità intera – Eccomi o Padre, io vengo per fare la tua volontà.

Le campane delle nostre chiese suonavano e suonano ancora, tre volte al giorno mattino, mezzo­giorno e sera, per ricordarci che là a Nazareth è iniziata una storia meravigliosa, una storia meravi­gliosa dentro la nostra vita, e questa storia continua e noi siamo parte integrante perché il sì di Cri­sto al Padre, il sì di Maria richiede istante per istante il nostro sì. Perché la nostra giornata sia se­gnata da questi tre momenti, dal ricordo di questi sì che trasformano e modificano la storia umana e tutto perché, dopo questo avvenimento, non c’è più nulla che rimanga uguale a prima.

Vorrei fare una proposta, quando le campane suonano, forse non a tutti è possibile recitare la preghiera dell’Angelo, ma a tutti è possibile recitare l’Ave Maria. Questa preghiera si ricongiunge con la grande preghiera dell’offerta, dell’Eccomi: ti offro Signore quello che sto facendo, quello che sto vivendo, cioè, metto in relazione a te ciò che vivo piacevole o meno piacevole, gioioso o doloroso, lo metto in relazione a te perché tutto è in relazione a te, tutto è saldamente nelle mani del Padre, tutto è abbracciato da Cristo Salvatore. E soltanto in questo abbraccio, rimanendo in questo abbraccio, in questo sì che è il nostro sì battesimale – rinunzio, credo – la storia in ognuno di noi va avanti.

La Vergine Maria ci accompagni con quella maternità che assumendola nei confronti di Cristo la assume già nei confronti di ognuno di noi, perché facendosi uomo il Signore Gesù si è unito in un certo modo ad ogni uomo e allora Lei è Madre sua e Madre nostra!

Con quanti titoli meravigliosi la fede della Chiesa la saluta! Madre di Dio, Madre della Chiesa, Ma­dre nostra, fonte della divina grazia che da lei sgorga per noi, la grazia che non è qualcosa o qual­cuno, ma è Gesù Cristo.

Ci accompagni la Vergine Maria in questa stupenda avventura del sì, del sì di Dio, del sì degli uo­mini che si incontrano e operano il prodigio di una storia nuova.