Il veggente Giovanni nelle sette lettere ha parlato di ciò che è, ma prima di passare alle cose che avverranno si introduce con la visione del cielo, dove viene presentata la sala celeste con il trono di Dio (4, 1 -11), che costituisce l’introduzione alla successiva visione dei sette sigilli, alla venuta del Cristo e al compimento dei tempi.
La visione del cielo e dell’Altissimo
[1] Dopo ciò ebbi una visione: una porta era aperta nel cielo. La voce che prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. [2] Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. [3] Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. [4] Attorno al trono, poi, c’erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo. [5] Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. [6] Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e di dietro. [7] Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l’aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l’aspetto d’uomo, il quarto vivente era simile a un’aquila mentre vola. [8] I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene! [9] E ogni volta che questi esseri viventi rendevano gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, [10] i ventiquattro vegliardi si prostravano davanti a Colui che siede sul trono e adoravano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettavano le loro corone davanti al trono, dicendo: [11] “Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono”.
Viene dunque presentato “il trono su cui stava seduto qualcuno che somigliava nell’aspetto a diaspro e sardonica e un arcobaleno avvolgeva il trono … da cui escono fulmini, voci e tuoni: e sette lampade ardono di fuoco ardono davanti al trono” (4, 3. 5). Il Veggente non aveva avuto alcuna difficoltà a descrivere il Figlio dell’Uomo celeste (1, 12-16), ma di fronte a Dio gli mancano le parole: lo descrive come fulgore lucente come lo scintillio che promana da pietre preziose. Probabilmente il diaspro è una pietra senza coloro e trasparente, mentre la corniola, chiamata anche sardonica (poiché proveniva da giacimenti vicini a Sardi) brillava di un colore rosso. La corona che circonda il trono è paragonato a verde smeraldo. Tutti modi per dire la trascendenza di Dio e la sua gloria avendo in filigrana l’immagine di un cielo notturno stellato. E’ come se il Veggente dicesse: “Ho visto il cielo, cioè il senso di tutte le cose custodito nelle mani di Dio”. Attorno a lui su 24 troni più piccoli siedono in cerchio altrettanti anziani che vestono bianche vesti e portano corone d’oro: secondo la tradizione veterotestamentaria è l’assemblea celeste, che in numero di 24 probabilmente risale alle ventiquattro costellazioni che si trovavano metà nell’emisfero settentrionale e metà in quello meridionale secondo la religione astrale ormai scomparsa, ma di cui ci sono qui le tracce ormai purificate dal rigido monoteismo giudaico. E intorno al trono, in un cerchio interno, “quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro, simili a un leone, un toro, un uomo e un’aquila”: (cf Ez 1, 10): sono servitori di Dio, che scrutano (“pieni di occhi davanti e di dietro”) tutto il mistero di Dio e delle cose come in trasparenza: queste figure probabilmente derivano da antiche concezioni mitiche che immaginavano la volta celeste (che costituisce il trono di Dio) sostenuta da queste quattro figure possenti Secondo l’astrologia babilonese si trattava dei quattro segni dello zodiaco che aprono le quattro stagioni: il toro in aprile (primavera), il leone in luglio (estate) lo scorpione, immaginato come un uomo avendo lo scorpione come due ganasce come fossero mani allargate, in ottobre (autunno), e l’acquario, che si trova in vicinanza dell’acqua in gennaio (inverno). Queste quattro grandi costellazioni alle estremità del cielo, pieni di occhi (le stelle disseminate nella volta celeste) non hanno più valore astrale per l’immaginario dell’autore dell’apocalisse, poiché ormai sono trasfigurate in angeli con sei ali ciascuno. I Padri della Chiesa hanno considerato queste quattro figure come simboli dei quattro evangelisti.
Lo spazio davanti al trono è paragonato a “un mare di vetro simile a cristallo”: anche qui viene ripresa l’antica concezione astrofisica, secondo la quale il cielo è una volta che sostiene le acqua primordiali (Gen 1, 7) e si pensava che Dio avesse fondato il palazzo celeste su queste acque (Sal 104, 3; 148, 4) avendone domato i flutti e fissato il loro limite. Questo spazio cristallino è visto come il manto di Dio come una lastra di vetro di ghiaccio. Queste figure ieratiche e celesti situate dunque in cerchio adorano Dio e, in funzioni di mediatori, presentano all’Altissimo le preghiere degli uomini, raffigurate dal “suono delle cetre e dalle coppe piene di profumi“(5, 8). Tutti questi personaggi svolgono la liturgia celeste di adorazione dell’Altissimo (Ap 4, 11):
“Tu sei degno, o Signore e Dio nostro,
di ricevere la gloria, l’onore e la potenza,
perché tu hai creato tutte le cose,
e per la tua volontà furono create e sussistono”.
Il libro dei sette sigilli e l’agnello
Subito dopo segue la scena dell’omaggio all’Agnello, costruita sulla falsariga di una intronizzazione regale: dopo che è stata provata e mostrata la dignità, il sovrano viene immesso nella sua carica. Prima di tutto viene presentato il suo nome (“il leone di Giuda” v. 5); segue la motivazione della sua sovranità (“immolato” v. 6); poi “gli viene messo in mano dalla destra di colui che sedeva in trono”, cioè tutto ciò che deve essere conosciuto della storia dei suoi sudditi, il mistero della storia (“il libro dai sette sigilli, scritto di dentro e di fuori” v. 1. 7)
[1] E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. [2] Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?”. [3] Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo. [4] Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo. [5] Uno dei vegliardi mi disse: “Non piangere più; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli”. [6] Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. [7] E l’Agnello giunse e prese il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono. [8] E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno un’arpa e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi. [9] Cantavano un canto nuovo:
“Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione [10] e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra”. [11] Durante la visione poi intesi voci di molti angeli intorno al trono e agli esseri viventi e ai vegliardi. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia [12] e dicevano a gran voce: “L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione”. [13] Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli”. [14] E i quattro esseri viventi dicevano: “Amen”. E i vegliardi si prostrarono in adorazione.
Colui che sta sul trono al centro della sala celeste ha in mano il rotolo di un libro che è scritto sulle due facciate. Anche in Ez. 2, 10 è dispiegato un rotolo, scritto di dentro e di fuori, dove erano contenute tutte le lamentazioni, i gemiti e le grida di dolore. Il simbolo è chiaro: su questo documento è contenuto il piano di Dio per la storia della fine dei tempi. Il numero sette dei sigilli indica la grandezza del mistero o la sua pienezza totale. Nell’assemblea celeste, riunita intorno al trono di Dio, viene domandato chi sia degno di ricevere il libro e di scioglierne i sigilli. Silenzio: nessuno è degno! Questa impossibilità suscita lo sgomento e il pianto nel Veggente. Ma poi ecco entra Uno: l’unico degno. E’ l’investitura dell’Agnello, che ha in filigrana la descrizione della vocazione di Isaia 6, dove si racconta che dal trono sovrano s’ode una voce: “Chi manderò? (Is 6, 8). E un’altra voce risponde: “Eccomi, manda me!”. Allora Isaia è mandato a proclamare il messaggio del giudizio su Israele. “L’Agnello” verrà ricordato altre volte nell’Apocalisse. Ma qui viene introdotto senza alcuna spiegazione: segno che è un titolo ben conosciuto tra le comunità giovannee. Di esso è detto: 1. che ha sette corna come segno della sua dignità e potenza sovrana e piena (cf Dt 33, 17) e sette occhi come le stelle che sono gli occhi di Dio: perciò l’Agnello, il Cristo risuscitato dai morti, partecipa al regno di Dio, e come Dio, comanda i sette spiriti che vengono inviati quali messaggeri angelici a tutti i paesi della terra (Ap 1, 4). 2) Nello stesso tempo però è descritto come Agnello sacrificale che è stato ucciso ed ha espiato il peccato del mondo (Gv 1, 29, 36; 19, 36; 1 Cor 5, 7; 1 Pt 1, 18). Porta ancora sul collo la ferita del taglio con cui è stato sgozzato (“pareva essere stato immolato, come immolato”): dunque non è più nella morte, ma avendo vinto la morte ha il dominio sul mondo.
L’agnello avanza solennemente verso colui che sede in trono e riceve dalla sue mani il rotolo della storia universale. I quattro viventi e i 24 vegliardi intonano il cantico nuovo di lode alla fine dei tempi, nel quale si esalta la dignità singolare dell’Agnello che con il suo sangue ha riscattato fra tutti i popoli la comunità dei salvati, facendone re e sacerdoti che partecipano al regno universale di Dio. L’elenco settenario delle qualità per cui l’agnello è degno di adorazione (potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione) esprime la totalità del riconoscimento e dell’omaggio, poiché si è di fronte al Figlio di Dio (Eb 10, 5-10) che ha mostrato l’agape suprema attraverso la consegna di sé.
La vittoria dell’Agnello è globale, universale, abbraccia tutti i popoli. Per questo una “moltitudine immensa che nessuno poteva contare “(Ap 7,9) gli canta lodi e ringraziamenti. Questo è il filo rosso che accompagna tutto il libro dell’Apocalisse. In esso è detto il destino del mondo e della storia. Secondo la concezione apocalittica la storia si svolge come su due piani: la cronaca che si vede e il disegno di Dio che sta nascosto in filigrana ad di sotto dei fatti che si esperimentano. Così si deve leggere la storia con uno sguardo dall’alto, e quindi solo chi è illuminato da Dio e ha uno sguardo profetico ha la chiave di lettura della storia. Ora l’apocalisse narra che la chiave di lettura del mistero di tutta la storia è la vicenda dell’Agnello immolato. La storia è segnata da vicende terribili, che sono svelate con l’apertura dei sigilli, ma questa storia è tenuta in mano dal redentore risorto che ha vinto il male e la morte. Nessuno né in cielo né in terra è capace di aprire il libro. Affidarsi alle suggestioni del mondo ellenico o alle immaginazioni della’apocalittica giudaica è illusorio. Solo dalla morte e risurrezione di Gesù Cristo viene la possibilità di comprendere a pieno la storia del mondo.
L’apertura dei sette sigilli
L’Agnello deve ora rompere i sette sigilli, in modo da scoprire la parte esterna del rotolo del libro. Le prime sette visioni costituiscono l’inizio della serie di catastrofi che assumeranno un carattere sempre più terribile fino al ritorno di Cristo. Prima che l’Agnello apra il settimo sigillo c’è un intermezzo (cap. 7) nel quale lo sguardo si rivolge alla comunità la schiera di coloro che sono stati segnati da Dio e sui quali si estende la sua protezione.
I primi quattro sigilli: i cavalieri apocalittici (6, 1-8).
Quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: “Vieni”. [2] Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora. [3] Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: “Vieni”. [4] Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada. [5] Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: “Vieni”. Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. [6] E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: “Una misura di grano per un danaro e tre misure d’orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati”. [7] Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: “Vieni”. [8] Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.
I primi quattro sigilli svelano tutti delle sciagure: quelle sciagure che l’uomo costruisce con le sue mani quando insegue il potere invece che l’amore. Il cavallo bianco e il suo arciere probabilmente simboleggiano le invasioni di Parti ai confini orientali dell’impero romano: cavalieri terribili e inafferrabili, che imperversarono per tutto il primo secolo dopo Cristo. Il cavallo rosso sembra il simbolo della guerra, che toglie la pace dalla terra e fa sì che gli uomini si uccidano a vicenda: potere che nasce dall’odio. Il cavallo nero, come è indicato dalla bilancia che il suo cavaliere tiene in mano è l’ingiustizia che sparge nel mondo la fame, frutto dell’egoismo dell’uomo. Gli storici ricordano la grande carestia che colpì l’Asia Minore negli anni 92-93 dopo Cristo. Il prezzo dei generi di prima necessità (frumento e orzo) salirono alle stelle, ma non invece – annota stranamente l’Apocalisse – il vino e l’olio: ci furono cioè uomini ingiusti che accaparrarono derrate alimentari per rivenderle con sovrapprezzi ingiusti. Infine il cavallo verdastro è il simbolo della morte, come appunto appare lo stato cadaverico dell’uomo morto: colpisce la quarta parte dell’umanità con la guerra, la fame, la peste e le fiere. Esso ricorda che solo in Dio è la vita: dunque gli uomini ritornino a Lui e gli rendano gloria. L’interpretazione dei simboli non è sicura, ma basta il significato generale: servono a mostrare dove portano l’odio, il potere, l’ingiustizia, la morte. Simboleggiano l’uccisione dell’amore. Soltanto se si attraversa la storia con fede e amore si trova la vera gioia e la libertà.
Quello che è importante è fermarsi su due annotazioni: 1. Giovanni nel narrare tutte queste sventure vuole mostrare dove portano il potere che sostituisce la verità e la giustizia; tuttavia afferma che non è questa la fine della storia. Questi sono passaggi intermedi dovuti all’egoismo dell’umanità. 2. Giovanni eredita dall’AT le immagini dei cavalli: cf Zac 6, 1-8 e, invece di applicarle a Gerusalemme, le applica a tutta la storia umana.
Il quinto sigillo: le anime dei martiri ai piedi dell’altare celeste
[9] Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. [10] E gridarono a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?”. [11] Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.
All’apertura del quinto sigillo la scena cambia. La domanda sottostante il testo, nascosta nelle sue pieghe: “Ci potrà salvare da tutto questo?”. E la risposta è: soltanto il Cristo che ha dato la sua vita. Con Lui la morte non avrà mai l’ultima parola. E insieme con lui i martiri della fede, Infatti il Veggente scorge in cielo un altare, ai cui piedi si trovano le anime di coloro che sono stati martirizzati “per la parola di Dio e la testimonianza”. Sulla loro bocca è posta la domanda della speranza cristiana: fino a quando Dio aspetterà a fare giustizia? Il credente vorrebbe subito vedere trionfare la giustizia, ma Dio aspetta finché la misura sia piena; per il momento essi sono rivestiti della veste candida di cui è rivestito il Cristo glorificato. “Occorre pazientare ancora un poco”: la storia deve avere il suo tempo, il tempo perché appaia tutto il male di cui è capace la libertà dell’uomo, ma anche tutto il tempo che manifesti di quale forza e coraggio di martirio sono capaci i martiri della fede. E così si veda il compiersi della pienezza di tutti i salvati.
Il sesto sigillo: lo scuotimento del cosmo
[12] Quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, [13] le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi. [14] Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. [15] Allora i re della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; [16] e dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, [17] perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi vi può resistere?
Con l’apertura del sesto sigillo la visione assume una dimensione cosmica: la luna, il sole, le stelle, il cielo i monti, le isole sono coinvolti nella catastrofe. Questi sconvolgimenti sono “sigle convenzionali” comuni al genere profetico – apocalittico e costituiscono la coreografia che accompagna la venuta del giorno del Signore. Lo sconvolgimento del cosmo però non è il tema della narrazione, ma la sua cornice: ha lo scopo di mostrare la paurosa drammaticità del giudizio ineluttabile che sta per arrivare. “E’ venuto il gran giorno dell’ira dell’Agnello” (v. 17). La domanda sotterranea dei credenti è: “Che cosa accadrà al popolo di Dio in mezzo a tutte queste catastrofi che investiranno la terra?” La sua preservazione è l’argomento dell’intermezzo del capitolo 7 che precede l’apertura dell’ultimo sigillo.
P. Antonello Erminio
Ascolta l’audio della 4a meditazione