Il grembiule del servizio

Sabato 21 aprile alle ore 15, P. Antonello verrà in Casa Madre per la quinta tappa del percorso formativo. Tema dell’incontro: “Come il Figlio indossare il grembiule del servizio nella dedizione di sè”.

  1. Il brano evangelico di Gv 13, detto della “Lavanda dei piedi”, prima di dirci come dobbiamo comportarci gli uni verso gli altri o che cosa dob­biamo fare per essere credenti, ci dice il modo di essere di Dio e la sua vita intima. Dio vive nella circolarità dell’Amore divino. Un amore gratuito che si mostra lieto nell’atto di esporsi facendo spazio in sé a favore di altri: al suo interno, donan­dosi al Figlio e, al suo esterno, creando il mondo. Dio che è “il tutto” non trattiene per sé la vita, ma esiste generando il Figlio, ed il Figlio restituisce con gratitudine la gioia di essere se stesso nella rela­zione d’amore verso il Padre, che è lo Spirito Santo. Così Padre e Figlio si appartengono nello Spirito Santo. Tutto questo lo diciamo quando fac­ciamo il segno della croce e quando diciamo “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”. Dovremmo essere un poco più consapevoli di com’è il Dio che adoriamo e che preghiamo!

Ascolta l’audio della meditazione

prima parte:

  1. Come possiamo allora entrare in rapporto con Dio? Noi possiamo cono­scere qualcosa di Lui, sol­tanto se egli entra nell’orizzonte della nostra umanità. Orbene, è attraverso l’agire e il parlare di Gesù, il Figlio del Padre che ha preso carne, che a noi trapela qualcosa del volto nascosto di Dio. Attraverso la sua umanità e il suo modo di essere umano, noi abbiamo “il riflesso” del mistero in­timo di Dio. E così Gesù ci manifesta un modo inau­dito di essere di Dio, stravolgendo ogni idea che ci facciamo di lui. Ci narra che Dio è Padre, che si prende cura della sua creazione, che la ama oltre ogni misura. Non sta ad aspettare che siamo noi ad amarlo. Si rivolge verso di noi con un amore preveniente: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Fi­glio” (1 Gv 4, 10).

Ascolta l’audio della meditazione

seconda parte:

  1. Giunto da Pietro trova resistenza. L’illusione di Pietro è di non rendersi conto che i piedi, con i quali per tutta la vita dovrà percorrere le strade del mondo per annunciare l’evento del Cristo, si sporcano a contatto con la terra. E perciò de­vono essere purificati dall’acqua dello Spirito del Cri­sto, dalla sua carità. Quella carità che Gesù immette nel mondo con la dedizione di sé fino alla fine e che lo Spirito perpetua fino alla fine del mondo. I discepoli devono dunque continuare a “lavarsi i piedi l’un l’altro” per tutta la storia, devono cioè entrare nel movimento d’amore spregiudicato del Cristo che non si ferma né alla resistenza di Pietro, né al tradimento di Giuda. Pietro, come ogni di­scepolo, fatica ad assumere l’atteggiamento del lasciarsi impregnare dall’amore del Cristo, e vor­rebbe anti­ciparlo con il proprio amore e con la propria devozione: “Non mi laverai mai e poi mai i piedi! Non ti farai mio servo! Semmai sono io che devo inchinarmi davanti a te per compiere il ge­sto del servo e lavarti i piedi!”. Fino ad allora Pietro si era sempre chiesto perché mai Gesù non avesse sfruttato al meglio i suoi poteri e perché, dopo ogni miracolo, si nascondesse sempre e chiedesse di tacerli e di non divulgarli. In quel momento, in cui Gesù si inginocchiò davanti a lui, gli per­corse un brivido: finora credeva di essere in cammino verso un destino di po­tenza e di vittoria, ora s’accorgeva che il destino che Gesù gli offriva non era un traguardo di gloria, ma un abisso di umile amore di cui non si vedeva il fondo. Si sentì allora attratto dal desiderio di lasciarsi tutto ab­bracciare dal Maestro: “Si­gnore, non solo i piedi, ma lavami anche le mani e il capo!”. Pietro cam­bia il suo atteggiamento, perché s’accorge che, paradossalmente e stranamente, il suo Si­gnore voleva aver bisogno del suo amore. Sì, aveva bisogno di quel suo amore meschino, acerbo, cede­vole. Ne aveva così tanto bisogno che, dopo la risurre­zione, glielo chiederà medicandolo: “Mi vuoi bene, Pietro? Pietro ho bisogno che mi ami e mi voglia bene!”. Quell’amore povero e servizievole lo ha conquistato e gli ha fatto fare il cambiamento di cui aveva bisogno. L’amore è sempre po­vero. E’ sempre domanda e supplica che l’altro si chini e ci abbracci. Bisogna abbando­nare l’idea che in amore siamo primi; che siamo noi ad amare. Non possiamo amare l’altro se non quando esperimentiamo su di noi l’amore. Abbiamo bisogno dell’amore di Cristo esperimentato in noi.
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