1° incontro:
“Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6, 39).
Riflessione
1. La questione del sapere dove “stiamo andando” non è un problema riservato a specialisti. Riguarda tutti. Possiamo eluderla, soffocarla, cacciarla come problema molesto. Ma dopo ogni distrazione riaffiora alla mente, a meno che non si voglia rinunciare a pensare e, in qualche modo, a esercitarsi nella dimensione più nobile dell’uomo, quella dell’interrogazione.
La risposta, comunque essa sia, non è solamente una questione teorica, ma ha una rilevanza pratica sul modo di vivere il presente. Infatti, se la risposta fosse: il destino dell’uomo è il nulla, allora anche la vita quotidiana perderebbe ogni rilevanza e si riempirebbe di quel nulla. Se al contrario, la risposta fosse: “Sono destinato all’abbraccio tenero con l’Eterno che si prospetta a me come Padre e che m’attende introducendomi a quella gioia piena, che bramo infinitamente, dando definitività a tutti gli affetti di cui si è riempita la mia storia umana”, allora lo sguardo sul presente assume una prospettiva totalmente diversa.
2. La prima e fondamentale certezza della comunità cristiana è che la salvezza escatologica o definitiva, attesa dalla speranza ebraica per la fine della storia, si è già resa presente in Gesù di Nazareth, nella sua vita morte e risurrezione. Il Crocifisso risorto è al centro della storia e s’innerva nello sviluppo futuro della vicenda umana, restandovi attivo, nell’energia dello Spirito, per trasformare dall’interno tutta la realtà.
3. Con il sacrificio sulla Croce Gesù, dunque, si mostra vincitore della morte, la padrona incontrastata della storia; e con la risurrezione inaugura gli ultimi tempi. Questa è la decisiva speranza cristiana che resta dinamicamente protesa verso la consumazione del tempo, in cui il Cristo mostrandosi nella gloria attrarrà a sé tutti coloro che si lasciano attrarre. Tutto ciò significa che la realtà della creazione avrà un esito positivo non in forza del desiderio che la muove, ma per il fatto di essere stata assunta dalla carne di Cristo, che ha portato in sé sulla Croce tutto il limite e la resistenza a Dio della creazione stessa (Rom 8). Infatti tutto ciò che Dio ha creato è sì intrinsecamente segnato dal “desiderio di pienezza della vita”, ma esso è stato assunto e reso efficace in forza della Risurrezione di Cristo: perciò, non solo non piomberà nel nulla, ma nella sua totalità e in ciascuna delle sue parti accederà alla pienezza interiore e durevole per cui da sempre è destinato, trascinato dal Cristo, destino ultimo della creazione e suo salvatore, a partecipare della relazione “eterna” con il Dio vivente, Uni-trino.
4. Nella Rivelazione troviamo un altro titolo dato a Gesù: il Veniente (Ap 1,8), colui che sta per venire. A differenza dei miti per i quali la fine della storia è sempre determinata da forze impersonali, nell’escatologia cristiana gli ultimi eventi hanno un protagonista. Il mondo non avrà termine per l’azione di forze oscure che travolgeranno l’intrico di colpe e sofferenze generate dalla libertà umana, ma per la venuta di Uno che, aprendo i sigilli al libro della nostra storia (Ap 5, 9-11), chiarirà e apparirà il senso di tutto.
La venuta gloriosa del Cristo comporterà la radicale vittoria escatologica sulla morte, la risurrezione dei morti, la trasformazione del mondo; e instaurerà l’uomo, la sua storia e il suo mondo, in una relazione definitiva con il Signore risorto (“l’essere in Cristo”). Tale definitività già data nella personale risurrezione di Gesù da morte si compirà nella piena configurazione di tutto quanto esiste al Cristo e nella trasfigurazione di tutta la creazione nello splendore della gloria divina. Tutto il mondo incontrerà senza veli quel Gesù Cristo che può già adesso velatamente incontrare. E con lui – portatore della vicinanza illimitatamente buona di Dio – verrà definitivamente e diventerà manifesto a tutto il mondo il regno di Dio giunto a perfezione. La “parusia del Signore” è la manifestazione del regno di Dio annunciato e nello stesso tempo impersonato da Gesù, manifestazione che tutto trasfigurerà; è lo svelamento di quanto già egli esperimenta nella relazione quotidiana e affettiva con Cristo.
L’invocazione “Vieni Signore Gesù” con cui si conclude la Scrittura non è l’invocazione di un assente, né la richiesta di un “ritorno” di Gesù nella storia, come se fosse mancato, ma la supplica affinché il “sempre presente” si manifesti e prenda possesso della storia e lasci trasparire la sua gloria.
P. Antonello Erminio