Confrontarsi con Gesu’

Occorre confrontarsi con Gesu’, riconoscendo in Lui il Figlio di Dio

Papa Francesco

riconoscendo in Lui il Figlio di Dio

1° incontro: sabato 19 ottobre 2013

Il cammino che vogliamo fare quest’anno arriva come sorpresa un po’ per tutti. Noi siamo soliti vedere che il Papa scrive lettere ai credenti, quest’anno invece ne ha scritta una a Eugenio Scalfari, il portabandiera di un illuminismo ateo, come condizione per la società civile di essere più libera. Con la ragione noi riusciamo a gestire la vita, a occuparci della realtà. Poi ci sono delle cose un po’ oscure che stanno fuori dalla realtà e allora per cercare di capire che cosa ci sia in quei punti oscuri subentra la fede. Che cosa c’è nel buio? Chi abita nel buio? Uno può vedere un assassino, un altro può vedere un amico o un ladro. La fede è la luce nell’oscurità, nelle cose che non si conoscono, però lì siamo al di fuori della ragione perché a quel punto ognuno crede quello che vuole.

Nella logica illuministica, la fede cristiana è come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione, quindi è ridotta ad essere un’opinione privata, personale che ognuno può coltivare nel proprio segreto. Tanti ragazzi e giovani oggi la pensano così, perché sono rimasti imbevuti da questi pensieri. “Io non sono contro la fede, però neppure mi appartiene. Io sono nel numero di coloro che vogliono ragionare e pensare con la propria testa”. In Italia, l’alfiere per eccellenza di questa posizione è Eugenio Scalfari, il quale attraverso il giornale “Repubblica”, facendo un’operazione di tipo culturale ha seminato questo pensiero e ha raccolto un bel numero di discepoli.

Nonostante questa convinzione, in Scalfari, resta una domanda che viene provocata dal carattere libero di Papa Francesco. Un Papa che con i suoi atteggiamenti sorprende credenti e non credenti, perché appare agli occhi di tutti un credente libero che non ha nulla da difendere, un credente che annuncia quello che egli ha intuito essere il nucleo della fede. Da questo punto di vista la lettera di papa Francesco a Scalfari è come un’enciclica rivolta a tutti: agli atei, agli agnostici, a coloro che sono deboli nella fede. Anche per noi è una occasione bella per poterci mettere nello stesso atteggiamento e vedere nel modo di agire del Papa un modello per trasmettere la nostra fede, che tante volte rischia di essere messo nel cassetto. L’annuncio della fede, innanzitutto, a noi stessi e poi con libertà agli altri. Gesù Cristo è venuto per tutti: per me, per l’ateo, per il musulmano, … per tutti. E noi, suoi discepoli, siamo chiamati a trasmettere la gioia dell’incontro con Lui.

Le due lettere di Scalfari, incentrate soprattutto sull’enciclica “Lumen Fidei” ponevano al Papa alcune domande: – Che cos’è la fede? Da dove proviene? Come è vissuta dai credenti? Chi siamo, veramente? Da dove veniamo? E dove andiamo? Sono le domande insite nel cuore di tutti e ognuno prova a dare delle risposte. L’ateo dice: “ Il nulla è la risposta! Non c’è niente e noi non veniamo da nessuna parte e non andiamo da nessuna parte!” Il materialista risponde: “Queste domande non mi interessano. Mi interessa stare bene, che la mia famiglia abbia di che vivere serenamente; mi interessa avere un buon lavoro, un buon stipendio. E poi, quando morirò..…!?!?  Vengo dalla polvere, e torno alla polvere!!!” Qualcun altro dice: “Se mi pongo queste domande, io divento malato, perché non sapendo dare risposta, incomincio ad andare in fibrillazione!”. Allora è meglio non porsi nessuna domanda!!! E adotta la politica dello struzzo, mette la testa sotto la sabbia e non s’accorge che viene impallinato.

Ma queste domande esistono!!! E la persona che ha a cuore la sua vita, la persona intelligente non può far finta che non esistano. La fede corrisponde ad un bisogno affettivo, non è questione di testa. La fede è quella luce che illumina la strada e rende il nostro cuore contento dell’incontro che ha fatto. Solo sperimentando la gioia che ci viene dal credere, possiamo contagiare gli altri!!! Purtroppo, tante volte, siamo come spenti, come se la fede non ci provocasse interiormente e dimenticassimo l’intima energia che  da essa proviene.

Il Papa è stato davvero grande nel superare le barriere ideologiche e intercettare proprio queste domande. Scalfari aveva inoltre scritto: “Anch’io vorrei che la luce riuscisse a penetrare per dissolvere le tenebre! ” Quanta malinconia in queste parole! E il Papa risponde: “Occorre confrontarsi con Gesù nella concretezza e ruvidezza della sua vicenda umana, così come ci è narrata soprattutto dal più antico dei Vangeli, quello di Marco. Nella concretezza della vita di Gesù, perché Egli non è un mito, un ideale, un maestro di morale, ma è una persona realmente esistita 2000 anni fa, così come noi. Un uomo concreto, vissuto in un ambiente, posizionato in una storia concreta. Ed è curioso che Gesù Cristo sia voluto nascere nel momento in cui l’impero romano era al suo apice e aveva sotto il suo controllo tutto il mondo allora conosciuto, per mettere il suo annuncio al centro di questo momento storico e così universale. Confrontarsi con la ruvidezza di Gesù, perché la sua vicenda è segnata dalla croce. Non è la predicazione di un Dio glorioso che ha creato un super potere rispetto a tutti i poteri del mondo, cosa che qualche volta noi vorremmo fosse vero. “Perché, Signore, non intervieni per risolvere tutti i problemi del mondo?” E’ giusto chiederlo e con insistenza, perché ce l’ha detto Lui. Ma altro è chiedere e altro è pretendere che Dio esaudisca. Non possiamo dirgli come deve risolvere i nostri problemi, lasciamolo che li risolva come vuole Lui! Il Vangelo presenta sempre questa ruvidezza che in qualche modo ci “sfrega”, ci mette in subbuglio, ci provoca.

Ma il Papa si sofferma proprio sul punto maggiormente ruvido della vicenda umana di Gesù. Egli non è semplicemente l’ideale più grande di uomo esistito sulla Terra, non è il maestro di morale più delicato nel proporre un modo di vivere. Non è questo che crea problema alla nostra mente, alla ragione. Quello che crea problema è la ruvidezza, cioè il fatto che Gesù Cristo si propone come Figlio di Dio, e quindi la Verità, ultima capace di soggiogare la nostra domanda di ragione. Dio è come la luce del sole che illumina le nostre tenebre. Quando c’è il sole le candele che teniamo accese continuano sì a fare luce, ma non ce ne sarebbe più bisogno. Soltanto la fede in Gesù, il Figlio di Dio che si è incarnato, porta la pienezza di luce. La ragione resta sulla soglia: può dire di Gesù che è un grand’uomo, il più grande dei profeti, un uomo che è vissuto in modo splendido tanto da dare la sua vita per gli altri. Ma oltre non può andare e non può capire. La fede, invece, avvolge la luce della ragione, la moltiplica illuminando tutti gli angoli oscuri della nostra mente, della nostra condizione umana.

Quando vedo una persona che si comporta bene con tutti, onesta, laboriosa, generosa, caritatevole, umile ….., come faccio a capire chi è questa persona? Dall’esterno vedo la luce che brilla per le sue qualità, ma quale sia la sua coscienza interiore non la posso sapere, al massimo intuire. Potrei conoscerla se lei mi dicesse qual è la sorgente da cui attinge la sua bontà. A quel punto io posso crederle o non crederle. E nel momento in cui le do fiducia inizia il rapporto che mi permetterà di conoscerla. Il punto delicato, ruvido della vita di Gesù è precisamente questo. Gesù dice di essere in un rapporto immediato con il Padre, con la sorgente che è Dio e di dipendere totalmente da Lui. Nei vangeli si constata che l’agire di Gesù provoca scandalo, perché si presenta con una straordinaria autorità, che s’impone da sé lasciando tutti perplessi, stupiti. Gesù spiazza, innova a partire dal suo rapporto con Dio che Egli chiama familiarmente “Abbà – Padre”. Egli opera come solo Dio può operare.

Il Papa, allora, dice che la prima cosa che ci deve colpire in Gesù è proprio questa autorità, così come è successo alle prime persone che lo incontravano. Gesù, per natura, è l’intimità del Padre. Lui appartiene al Padre e questo legame d’amore non gli toglie la libertà, anzi tutto quello che c’è nel Padre è in Lui. Gesù di Nazareth è il volto di Dio Padre. Anche per noi è così: quanto più vogliamo bene a qualcuno, tanto più percepiamo la necessità di un legame con lui. Perché, dentro di noi, il bisogno grande è quello di avere relazioni, legami profondi capaci di darci pace e sicurezza. La nostra vita è generata da un legame: senza legami la vita muore, si dissolve. Oggi viviamo come degli estranei gli uni agli altri, non sappiamo più concederci fiducia e viviamo nella cultura del sospetto. Ma in tutti noi c’è un affetto che ci determina: è l’appoggio da cui dipendiamo. Gesù dice che il punto affettivo della sua umanità è il rapporto con il Padre, fonte della sua pace. Se vogliamo trovare la serenità anche noi dobbiamo capire qual è l’aggancio ultimo della nostra umanità e se riusciamo ad appoggiare tutti i nostri affetti dentro all’affetto ultimo, allora scopriremo che la fede è un atto di libertà sostenuta dall’amicizia che ci lega a Gesù di Nazareth e con Lui a Dio Padre. Possiamo immaginare la fede come il filo di Arianna che ci porta fuori del labirinto della vita. Il filo non mi toglie la libertà, mi dà sicurezza, posso stare dentro al labirinto con la certezza che c’è un legame, un punto sicuro che mi porterà sempre fuori. La nostra vita, così rassicurata, merita di essere vissuta.

P. Antonello Erminio

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